Ansia e dolore
L’ansia può aumentare la percezione del dolore
INDICE – L’ansia può aumentare la percezione del dolore
1 – Come riducendo l’ansia riusciamo anche a ridurre il dolore?
2 – Se l’ansia ingrandisce il dolore, il dolore che effetto ha sull’ansia?
3 – Quali sono i fattori cognitivi e psicologici coinvolti nel processo?
Come riducendo l’ansia riusciamo anche a ridurre il dolore?
Anna Cantagallo racconta che la correlazione bidirezionale tra dolore fisico e ansia clinicamente significativa è stata ampiamente documentata.
Perché bidirezionale? Ci sono sia casi di disturbi d’ansia in cui il paziente è soggetto a livelli particolarmente elevati di dolore, e sia casi di persone affette da condizioni mediche di dolore cronico che sperimentano ansia.
“Per quanto riguarda le psicopatologie – illustra Anna Cantagallo – le ricerche si sono basate primariamente sul disturbo di panico (PD) e sul disturbo post traumatico da stress (PTSD), che risultano essere spesso accompagnati da condizioni di dolore cronico.
Kuch e i suoi colleghi riscontrarono nei pazienti con PD un’incidenza elevata di dolori localizzati soprattutto a livello lombare, alle spalle e alla testa.
In condizioni mediche caratterizzate da un dolore fisico acuto sembra che sia la paura del dolore stesso ad aumentare la percezione dell’effettiva sofferenza provata.
Questo è stato comprovato anche dal fatto che ridurre l’ansia coi farmaci riduca anche il dolore fisico causato da patologie organiche.”
Se l’ansia ingrandisce il dolore, il dolore che effetto ha sull’ansia?
“Mostoufi e i suoi colleghi, in uno studio del 2014, rilevano la differenza d’intensità nella percezione del dolore tra soggetti con PTSD, soggetti con altri disturbi d’ansia, e un gruppo di controllo.
Essi vengono sottoposti al cold pressor task in cui gli viene chiesto di bagnare la mano in un contenitore con acqua gelida. I risultati mostrano una ridotta sensibilità allo stimolo nocicettivo nei partecipanti affetti da PTSD rispetto agli altri due gruppi.
In questo caso l’ansia in questo particolare disturbo d’ansia sembra quasi “anestetizzare” la persona dalla sensazione dolorosa, mentre in altri la sensibilità si ingrandisce.
Tuttavia non sempre si possono trarre conclusioni di tipo causale quando si presenta una correlazione, e potrebbero intervenire, oltre al dolore e all’ansia, anche ulteriori variabili.
Il dolore è un’esperienza articolata che non si può limitare all’aspetto fisico delle stimolazioni nocicettive, essendo causato anche da un versante psicologico, emotivo e motivazionale.”
Quali sono i fattori cognitivi e psicologici coinvolti nel processo?
“L’aspettativa – spiega Anna Cantagallo – è un fattore cognitivo che svolge un ruolo rilevante nella percezione nocicettiva.
Avere l’evidenza che sta per accadere qualcosa di potenzialmente pericoloso o avversivo porta a provare certamente paura, che come conseguenza comportamentale può avere o una risposta di attacco o una di fuga dell’organismo, o qualsiasi azione, anche mentale, che possa “proteggere” dalla minaccia imminente.
Essere incerti riguardo allo svolgersi di un determinato evento, provoca ansia invece che paura, andando ad attivare l’individuo sia da un punto di vista di arousal fisiologico che mentale.
Un’altra funzione cognitiva implicata nella intercessione delle sensazioni dolorose è l’attenzione.
Eccleston e Crombez, nel 1999, trassero evidenze rispetto alla capacità in situazioni ansiogene di distogliere l’attenzione dalla fonte del dolore, distraendo l’individuo. In uno studio del 2002, James e Hardadottir dimostrarono un’interazione tra focus attentivo e tratti ansiosi, e come questa attenzione influenzi la tolleranza soggettiva al dolore.
Sembra che sia proprio l’orientamento e l’intensità dell’attenzione a condizionare l’impressione nocicettiva: ma questo vale solo fino ad un certo livello di dolore, oltre il quale il fenomeno del distogliere l’attenzione diventa disfunzionale.”
E le basi neurali?
“Uno studio di Ploghaus e colleghi del 2001 utilizza la risonanza magnetica funzionale per indagare le risposte di attivazione a stimoli nocicettivi di carattere termico.
La percezione del dolore varia per intensità fisica e per intensità dell’ansia provata.
Essi hanno osservato differenze tra le risposte della corteccia entorinale dell’ippocampo a stimoli caratterizzati dallo stesso grado di intensità fisica, ma diversi per quanto riguarda la capacità dell’ansia di aumentare o meno la percezione di intensità del dolore.
Questi risultati portano a sorreggere la supposizione secondo la quale in situazioni di forte ansia l’ippocampo aumenta l’intensità di percezione degli stimoli avversivi, inducendo quindi a mettere in atto comportamenti adattivi in caso di bisogno.
È solamente mettendo in allarme l’individuo e aumentando talvolta la sua sofferenza che egli può apprendere a evitare situazioni virtualmente nocive.
Gli stati d’ansia, dunque, sembrano avere una vera e propria valenza evolutiva e di tutela dell’organismo da potenziali danni, ed è proprio per questo che a volte è necessario che l’individuo diventi più sensibile al dolore quando diviene forte e cronico, piuttosto che sopravvivere sopportando all’infinito il dolore stesso.” Termina Anna Cantagallo.
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